IL RE DEL TAJARIN MAURIZIO E’ A BARBARESCO ALL’ANTICA TORRE LA VERA ESSENZA DELLA CUCINA PIEMONTESE

Il “re del tajarin” è a Barbaresco: all’Antica Torre la vera essenza della cucina piemontese

I langaroli, si sa, sono così: all’amore viscerale per la propria terra e i suoi eccellenti frutti uniscono l’instancabile perfezionismo sabaudo, con risultati che non hanno eguali in altre parti d’Italia. 

Ma è nel centro del piccolo paese di Barbaresco, il cui solo nome già evoca sublimi presagi enologici, che questo felice connubio produce uno dei suoi migliori risultati, nella cucina della tradizione di Maurizio Albarello. E’ infatti nella sua Trattoria Antica Torre che lo chef piemontese, con le sorelle Paola e Stefania (il quarto fratello, Alessandro, è – tutto torna – l’enologo delle cantine Gaja), perpetra con passione la consuetudine familiare iniziata dai genitori oltre cinquanta anni fa in un ristorantino lungo le sponde del Tanaro; molto prima, cioè, che le Langhe guadagnassero nell’immaginario epicureico comune la meritata posizione che occupano oggi.


                                                                                          (Il taglio dei tajarin)

La cucina di Albarello sorprende per sapore, metodo ed equilibrio. Ascoltarlo mentre racconta i suoi piatti è un’esperienza coinvolgente in cui emerge chiaramente quella padronanza della tecnica che gli è valsa la meritata fama di “Re dei tajarìn”. Mentre li plasma davanti ai nostri occhi, narra i piccoli, ma fondamentali, segreti che li rendono unici al mondo: non solo le uova di galline nutrite con carote e mais per ottenerne un tuorlo “più rosso che mai”, le farine locali selezionate, o la loro giusta proporzione (innanzi a noi 296 rossi per 15 chili di pasta), ma anche il coltello affilatissimo che maneggia con una velocità e un’abilità senza pari (e che ad ogni millimetrico taglio – perfetto – ci fa temere per l’integrità delle sue falangi), forgiato apposta per lui in Svezia con legno di betulla e acciaio di Damasco, perché, spiega, “la minor concentrazione di carbone rispetto alle leghe comuni non riscalda la pasta”. Per abbattere il nostro scetticismo, ne produce alcuni con un coltello “normale”, ed in effetti la differenza è tangibile.

Ma non di sole uova e farina è la cucina langarola, anzi. Lo chef, infatti, seleziona da allevamenti locali gli animali che poi macella personalmente e, ovviamente, sceglie ad uno ad uno i tartufi che i suoi affezionati “trifulau” gli forniscono. Anche qui, nulla è lasciato al caso e svela l’importanza del peso (“tra 1 e 2 etti”), della forma (“piatta, a disco volante”), del colore (“con striature rossicce”), del periodo di raccolta (“da novembre, dopo la seconda luna”), del terreno (“nel tufo, in mezzo alle crepe”) e molto altro.


(Una sala del ristorante)

Ciò che sorprende è tuttavia come Albarello, pur nella sua cucina piemontese-che-più-piemontese-non-si-può (carne cruda battuta al coltello, coniglio al civet, vitello tonnato, bonèt…), non si sia adagiato ed assopito sulla tradizione, ma investa buona parte delle sue energie viaggiando, ogni anno, dagli Stati Uniti al nord Europa “per esportare i sapori delle mie Langhe, ma anche per scoprire come si mangia laggiù, comprendere i palati stranieri e tornare a casa sempre arricchito da nuovi stimoli”. E’ forse questa contaminazione virtuosa tra tradizione e innovazione – che si avverte in modo impalpabile ma ben presente nell’equilibrio dei suoi piatti – ad averlo reso così celebre che a febbraio “invaderà” prima l’Oregon e poi la Norvegia (dove per tutti è oramai “King Pasta”, il Re della Pasta) per svelare i segreti della sua cucina in attesissime masterclass e seminari. Sebbene, confida, per reperire all’estero le materie prime necessarie a mantenere l’eccellenza debba talvolta ricorr-re a qualche escamotage (come quando a Seattle, insoddisfatto delle “troppo bianche” uova locali, trovò quelle dal “tuorlo perfetto” in un piccolo allevamento sul retro di una falegnameria), siamo certi che la trasmissione di una delle migliori tradizioni gastronomiche italiane non potrebbe essere affidata a mani più sapienti (e veloci) delle sue.

Cantina con una buona offerta di vini del territorio, come è facile immaginare. Servizio molto attento. Si spendono intorno a 30 euro a persona.

Trattoria Antica Torre Barbaresco
Via Torino, 64 – Barbaresco (CN)

TORTA PIEMONTESE ALLE MELE AMARETTI E CIOCCOLATO

DAL NORD AL SUD OGGI AL NORD CON UNA NUOVA RICETTA DELLA NONNA CONSERVATA IN CANTINA IN UNA SCATOLA DI LATTA NELLA SUA VECCHIA CREDENZA

(oggi ultima tappa dei campionati italiani di ciclismo su strada Piemonte Tricolore)

Torta piemontese alle mele, amaretti e cioccolata…a 4 mani!

Ecco un’altra ricettina di Nonna. Anzi, ad esser precisi credo di aver finito con i suoi dolci 😉 e sono molto orgoglioso di presentarvela. Al solito, la fonte è sconosciuta perché è ormai una ricetta che fa da anni. Pare che sia una ricetta tipica piemontese e se ne trovano diverse varianti: questa con il pangrattato, questa senza burro ma con più uova (oppure questa), questa con le nocciole o questa con aggiunta di pere. L’importante è che siano presenti le mele, gli amaretti e il cioccolato o cacao. Deve essere una torta umida che ricorda più uno sformato piuttosto che una torta vera e propria. Io in genere non amo la frutta cotta nei dolci (a meno che non sia soda) ma in questo caso…c’è il cioccolato :-)!!!
Io e mia madre andavamo matti per questa torta! La ricetta originale non prevede dosi fisse (che nervoso!) ma la cosa bella è che a mia nonna era sempre perfettamente. La cosa ancora più insolita è che riesce a conferirle sempre lo stesso sapore e la stessa consistenza. Io che sono un tipo precisino per certe cose, mi sono segnata tutte le dosi.

Ingredienti:
8 mele (circa 800 g di frutta pulita)
4/5 cucchiai di farina 00
250 g di amaretti
50 g di burro
4 cucchiai di zucchero (facoltativo se le mele sono molto dolci)
25 ml di rum
2 uova piccole
80 g di cioccolato fondente
50 ml di latte
6 cucchiaini di cacao amaro

Preparazione: sbucciate le mele e tagliatele a tocchetti. Mettetele a cuocere finché non si sfaldano con la forchetta (io 7 minuti a 900W nel microonde, in un contenitore di pirex). Nel frattempo fate sciogliere il cioccolato con il latte, tritate grossolanamente gli amaretti (non riduceteli in polvere ecco), fondete il burro e mettete da parte. Una volta che le mele saranno cotte, scolatele dall’acqua in eccesso e schiacciatele con la forchetta. Sbattete* poi le uova con lo zucchero, unite il burro fuso, il cioccolato sciolto nel latte, il rum, il cacao e la farina setacciati. Unite poi le mele e gli amaretti. Mescolate per amalgamare bene il tutto.

* quest’operazione potete eseguirla con un qualsiasi robot da cucina. Nessuno vi vieta di frullare anche le mele per ottenere un composto più liscio 😉 Gli amaretti però vi consiglio di unirli poi a mano ma c’è chi preferisce frullate proprio tutto per ottenere un composto liscio…fate voi 😉

Foderate uno stampo con carta forno e cuocete in forno a 180 °C per circa 45 minuti. Il tempo è indicativo perché dipende un po’ dalle mele che userete e dallo spessore della torta (quando rovesciate il composto tenetevi sotto i 2 cm di spessore). L’importante è che la torta si asciughi per bene. Purtroppo non so dirvi esattamente il diametro adatto perché ho usato una pirofila da forno più una pirofila piccina)

DALLA CUCINA PIEMONTESE UNA NUOVA RICETTA TORTA GIANDUIA

TORTA GIANDUIA

200 g di cioccolato fondente
• 200 g di burro
• 200 g di zucchero semolato
• 200 g di nocciole tritate
• 4 uova
• 2 cucchiai di farina
• 1/2 cucchiaino di lievito in polvere
• 1 cucchiaino di succo di limone
• zucchero a velo

PROCEDIMENTO
In un pentolino messo a bagnomaria lasciate fondere il cioccolato, ritirate e lasciate intiepidire.

In una terrina, oppure nell’impastatrice, lavorate il burro ammorbidito con lo zucchero fino a ottenere un composto spumoso. Incorporatevi un tuorlo alla volta, la farina setacciata con il lievito, le nocciole tritate e il cioccolato fuso. Montate a neve ben ferma gli albumi con il succo di limone e incorporatelo al composto di cioccolato.

Imburrate e infarinate le pareti di uno stampo (cm 26 di diametro) rotondo, foderate il fondo con l’apposita carta, versatevi l’impasto e cuocete in forno caldo a 190° per 20 minuti e poi a 180° per altri 30 minuti.

Ritirate, sformate la torta sulla gratella e lasciatela intiepidire. Trasferitela quindi sul piatto da portata e cospargetela con lo zucchero a velo.

LA CUCINA DI PER SE’ E’ SCIENZA STA AL CUOCO FARLA DIVENTARE UN’ARTE

LA CUCINA DI PER SE’ E’ SCIENZA STA AL CUOCO FARLA DIVENTARE UN’ARTE

            Guazzetto di Vongole alla marinara

Un piatto simbolo delle tavole. Leggero e fresco, ottimo come antipasto oppure come secondo: stiamo parlando del guazzetto di vongole alla marinara. Lungo le spiagge della Romagna questo piatto è immancabile; lo si trova in tutti i ristoranti di pesce e rientra a far parte della tradizione culinaria locale anche della tavola quotidiana. Perchè? Costa poco e da soddisfazione!
Per prepararlo di solito si utilizzano vongole di 
piccole dimensioni (non le veraci), dette anche “poverazze“, in dialetto romagnolo purazi. Il nome rimanda alla cucina povera (purazi, appunto), quella dei pescatori che mangiavano solo quel poco che rimaneva sulle reti una volta venduto il pesce pescato.
Ecco la ricetta, semplice, veloce ed economica, ma decisamente gustosa!

Pronto in: 

30 min. + 1h di spurgatura

Ingredienti: 

  • 2 kg chili di vongole
  • 1 cipolla bianca
  • 1 spicchio d’aglio
  • 1 bicchiere di vino bianco secco
  • 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
  • peperoncino fresco (o secco) a piacere
  • sale e pepe q.b.

Preparazione: 

La prima regola affinché il piatto sia una vera e propria delizia è lavare per bene le vongole sotto l’acqua corrente e farle spurgare per almeno 1 ora in acqua fredda, con l’aggiunta di un cucchiaio di sale grosso. Questa operazione aiuta i molluschi ad aprirsi, così da far fuoriuscire eventuale sabbia residua dentro la conchiglia. In più, aiuta te e i tuoi commensali a non dover sgranocchiare sabbia di mare mentre si sta mangiando… una delle sensazioni più fastidiose quando si è a cena!

In una padella, far dorare bene la cipolla tritata finemente con l’olio e lo spicchio d’aglio. Fai cuocere a fuoco medio per qualche minuto e successivamente aggiungi il bicchiere di vino bianco. Lascia cuocere per circa altri 8 minuti. Aggiungi sale, pepe e peperoncino, se fresco privo di semi e preparati alla cottura dell’adorato mollusco!
Lava con agilità e “tenacia” le vongole sotto acqua corrente bella fresca e versale in padella. Coprile con un coperchio e cuoci a fuoco vivo per circa 15 minuti, finché non rilasciano la loro l’acqua.
A questo punto il tuo guazzetto è pronto. A piacere, puoi aggiungere il prezzemolo tritato e altro peperoncino e sicuramente sarebbe perfetto un filo d’olio buono a crudo prima di servirle.

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Se vuoi far le cose fatte bene, all’”uso di Romagna”, accompagna il guazzetto con la piadina (oppure qualche fetta di pane casereccio); l’importante è che si possa “pucciare” bene tutto il guazzetto che rimane sul fondo del piatto e ovviamente…. non dimenticare di abbinare un ottimo bicchiere di vino.

LA CUCINA PIEMONTESE E’ RICCA DI SQUISITI PIATTI

UN TUFFO NEL PRESENTE ALL’ALTEZZA DELLE ASPETTATIVE

La cucina piemontese è ricca di molto altro, in primis come non ricordare il riso e gli squisiti risotti del vercellese, le rane, la panissa ed ancora l’immancabile fritto misto e il bollito misto, fino alla selvaggina che si gusta al suo meglio su verso i monti del nord Piemonte.

Trattoria Del Belbo da Bardon

Trattoria Del Belbo da Bardon

Andare da Gino, è come fare un viaggio nella osteria Vecchio Piemonte, un luogo dove non c’è trucco e non c’è inganno. Ma solo ed esclusivamente una cucina buona, ricca, e tradizionale nel senso pieno e vero del termine. Materie prime eccellenti, in primis le splendide carni. Una carta dei vini imperiale, tra le migliori non solo del territorio ma d’Italia con ricarichi quanto mai onesti. C’è amore e passione, non svilita da facile finzione mediatica, da andarci senza aver fretta e una volta a tavola spegnate il cellulare e bon mangè.

San Marzano Oliveto (At)

 

Ristorante Boccondivino

Boccondivino

Per chi non lo sapesse e qui che è nata prima Arcigola e poi Slow Food, ed ancor oggi è il luogo prediletto dei super slowisti, tappa imperdibile per chi voglia respirare i sapori del territorio. Lasciatevi guidare da Lella, ma non perdete la buonissima salsiccia di Bra, la pasta fatta in casa, lo splendido stinco ed una serie di dolci da urlo. Carta dei vini che non tradisce le attese, con i piemontesi che la fanno da padrone.

Bra (Cn)
V. Mendicità, 14

Osteria della Pace

Osteria della Pace

Situata nell’Alta Valle Stura, l’osteria propone una cucina ricca di sapori e saperi antichi del Piemonte occitano. Da non perdere l’agnello sambucano, sia nella versione patè che al sambuco, squisito il rotolo di patate e baccalà, i “cruset” al sugo di porri e la zuppa di mele. Buono l’assortimento di vini. L’osteria è ospitato dentro un confortevole albergo, ottima cosa per apprezzare cena e dopo cena.

Sambuco (Cn)
Via Umberto I, 32 – Valle Stura di Demonte

Vecchia Brenta

Vecchia Brenta

Siamo nel centro della città di Vercelli, a due passi da piazza Cavour, di gestione familiare da sempre qui la cucina del territorio non devia di una virgola, ed allora; salam d’la doja, la mitica panissa, la pasta e fagioli, la bagna cauda con le verdure, le rane fritte, le lumache. Anche i dolci si fanno apprezzare, in stagione il semifreddo alle castagne, ed il sempre presente bonet. Buona la selezione di vini.

Vercelli
Via Morosone, 6

Trattoria Del Ponte

Trattoria del Ponte

Siamo quasi nel mezzo delle risaie novaresi, e dunque qui il riso è presente nelle sue innumerevoli varianti. Una trattoria ruspante condotta con grande professionalità dai proprietari i quali tra i loro must propongono la classica paniscia con dei gustosi salumi, uno strepitoso risotto ai fiori di zucca, ed ancora l’oca arrosto alle mele verdi, non perdete la gorgonzola con i fichi sciroppati e per finire le pesche al rum.

Briona (No)
Via per Oleggio, 1

Ristorante del Castello

Ristorante del Castello

Il Ristorante del Castello sorge a pochi chilometri da Torino, qui la storia è stata vissuta sempre con le gambe sotto il tavolo, ed anche il sottoscritto è tra quelli. In questo luogo di piacevolezza bisogna andarci per gustare il fritto misto alla piemontese. Un piatto che dire unico è poco, dove si mangia insieme il salato ed il dolce, 12/15 diversi ingredienti che vi faranno provare un intensa esperienza gastronomica. Accompagnatelo con della buona Freisa delle colline torinesi.

Pavarolo (To)
Via Maestra, 7

Ristorante Phoenix

Ristorante Phoenix

Sandro Ostorero è lo chef del ristorante Phoenix e propone una cucina raffinata con profonde radici nella tradizione non solo piemontese, accostando antichi piatti semplici e gustosi a preparazioni più elaborate. Il suo uso delle erbe spontanee che personalmente si va a procurare sulle sue montagne è da oscar. Ma provate il tortino di baccalà con il caprino al pepe, la fonduta di toma di Condove con patate violette. Ottima scelta di vini anche francesi.

Condove (To)
Via Magnoletto, 18 (Strada per Mocchie)

Trattoria della Posta

Trattoria della Posta

Lo ammetto, questo è uno dei miei posti del cuore, fin da quando avevano sede in paese. Ora sono andati in aperta campagna, ma l’ospitalità, la bontà dei loro piatti vi renderanno felici. E poi via, quei tocchi romantici, ed un pizzico di eleganza ci sta no ? Tra i piatti del cuore gli agnolotti del plin al burro fuso, il vitello tonnato, lo stinco di vitello al barolo, ed una carta dei vini di langa che vi farà perdere la testa .. e che dio li benedica.

Monforte d’Alba (Cn)
Località Sant’Anna, 87

Osteria del Borgo

Osteria del Borgo

L’altro grande piatto unico piemontese è certamente il bollito misto, ma se è di bue bè siamo vicini alla goduria assoluta. Certo, non è un piatto per inappetenti ma bisogna sapere che ci va il fisico. Sette i tagli minimi previsti, oltre ai quali a volte si aggiungono altri pezzi. Personalmente non posso fare a meno della lingua, la testina e la coda. Da accompagnare con il bagnetto verde ed un buon Dolcetto di Dogliani. L’Osteria del Borgo è il posto giusto, e dispone anche di belle camere nel caso ci voleste andare a cena.

Carrù (Cn)
Via Garibaldi, 19

Ristorante Gardenia

Ristorante Gardenia

Caluso è un piccolo paese a poca distanza da Ivrea, ed è la zona dove si produce un ottimo bianco, l’Erbaluce ed uno splendido Passito. Ed è qui che in una bella casa ottocentesca arredata con eleganza d’antan circondata da orti e giardini, opera la grandissima chef Mariangela Susigan. La sua cucina è un mix di tradizione, modernità, ricerca, ma quel che conta che alla fine i suoi piatti sono una bontà. Carta dei vini all’altezza della sua cucina.

Caluso (To)
Corso Torino, 9 

 

Ristorante da Erminio erminio 2 ermini 3 erminio 1

Da Erminio è un ristorante a conduzione famigliare e quindi  molto legato alla tradizione piemontese e ligure da cui proviene la famiglia della cuoca Mariuccia.
Le specialità sono molte, vanno dalle
tagliatelle al brasato, dalle roselline al forno al fritto misto piemontese, per poi parlare degli antipasti fatti tutti con amore buon gusto e abbondanza nelle portate,  ricordiamo le frittate di erbette a quella di carciofi in sfoglia.

 

Albergo Ristorante “Da Erminio”  di Piana Maria & C. 

via Savona 17 – Mombaruzzo (AT)  

 

OSTERIA DEL POETA PESCATORE  10850118_297631737113492_3693666116964748288_n

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Paderna si trova al centro del triangolo formato da Milano, Genova, Torino. Percorrendo l’autostrada Mi-Ge o la To-Pc si esce a Tortona. Da li si prende la S.S. 35 dei Giovi in direzione Genova fino a raggiungere Villalvernia, circa 10 Km. Da Villalvernia si gira a sinistra al semaforo e si seguono le indicazioni Paderna. Si attraversa il paese e, non appena si ricomincia a scendere, sulla sinistra si trova l’Osteria del Poeta Pescatore. I suoi piatti sono una bontà – consigliato è gradita la prenotazione.

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Una Pasqua gustosa chi apprezza la cucina casalinga?

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UNA PASQUA GUSTOSA CHI APPREZZA LA CUCINA CASALINGA?

Una Pasqua vegetariana e gustosa? Si può. Ecco il nostro menu di quattro portate, dall’antipasto al dolce che piacerà tantissimo ai vostri ospiti. Anche a quelli che vegetariani o vegano non lo sono.

ANTIPASTO
Tartine di cetrioli ripiene di caprino con fiori eduli e pepe rosa
Ingredienti per 4 persone

  • Un cetriolo
  • Formaggio caprino
  • Pepe rosa in grani
  • Fiori eduli

Lavate i cetrioli e con un pelapatate fate dei segni verticali sulla buccia. A questo punto tagliatelo a fette dello spessore di un centimetro. Ponete al centro di ciascuna fetta un cucchino di formaggio caprino , decorate con un grano di pepe rosa e un fiorellino edule. Conservate le tartine in frigo fino al momento di servirle.
Abbinamento consigliato: 700 SLM Metodo Classico Brut 2012 (Pinot nero, Chardonnay)
24 mesi sui lieviti, bollicina fine, buona freschezza e bella sapidità a compensare le grassezze del formaggio caprino ed elegante morbidezza per bilanciare l’amarognolo del cetriolo. Delicata speziatura e finale agrumato a supporto del pepe rosa e del fiore edule.

PRIMO
Scialatielli con crema di fave e pistacchi
Ingredienti per 4 persone

  • 350 gr. di pasta fresca formato scialatielli
  • 250 gr. di fave secche
  • 100 gr. di fave fresche
  • Due scalogni
  • Finocchietto selvatico
  • Pistacchi sgusciati

Mettere le fave secche in ammollo in acqua per una sera. Quindi cuocerle in acqua salata fino ad ottenere una consistenza cremosa. Intanto sbollentare il finocchietto e rosolarlo in padella con gli scalogni tagliate a fette sottili. A questo punto con un minipimer frullate il macco di fave con un po’ di acqua di cottura del finocchietto in modo da ottenere una crema liscia e omogenea alla quale unirete il finocchietto. Cuocete gli scialatielli nell’acqua di cottura dei finocchietti e, una volta al dente, finite la cottura nel condimento con le fave.  Servite fumanti condito con le fave fresche e i pistacchi sgusciati.
Abbinamento consigliato: CIURI 2014 – Terrazze dell’Etna (Nerello Mascalese 90%, Carricante 10%) Blanc de Noir. Il corpo denso, la grande sapidità minerale e la viva freschezza ben contrastano la cremosità del piatto e la tendenza dolce dell’amido e delle fave. Le leggere nuance fruttate poi si integrano nella giusta misura con l’aroma del pistacchio. Interessante contrappunto.

SECONDO E CONTORNO
Lacerto di seitan con piselli e patate novelle
Ingredienti per 4 persone

  • 4 fette di seitan
  • Pisellini fini
  • Una cipolla dorata
  • Patate novelle
  • Vino Rosè

Rosolate i pisellini con la cipolla, quindi unitevi le patate novelle e lasciate cuocere fino a quando saranno ben cotte.  Tagliate ciascuna fetta di seitan in due. Rosolatele in padella con olio e sfumatele con il vino.  A questo punto unitele ai piselli e patate e cuocete per altri cinque minuti in modo da fare amalgamare i sapori.
Abbinamento consigliato: Rosematte 2014 – Le casematte (Nerello Mascalese)
Le sapide note saline e una decisa freschezza sono fieri avversari dell’amido delle patate e della dolcezza dei piselli. Il calore e la morbidezza, in perfetto equilibrio con l’acidità, asciugano i minimi residui untuosi della cottura e rendono l’abbinamento intrigante e avvolgente.

DOLCE
Colombine veg monoporzione
Ingredienti:

  • 500 g di farina
  • 270 g di latte di mandorle
  • 12 g di lievito di birra
  • 100 g di zucchero di canna
  • 100 g di mandorle spellate tostate e tritate
  • 5 cucchiai di olio extra vergine di oliva
  • La scorza grattugiata di un’arancia e di un limone
  • per decorare una manciata di mandorle e zuccherini
  • stampini monoporzione

Sciogliete il lievito di birra nel latte di mandorle appena tiepido, mescolate bene fino ad ottenere un liquido omogeneo e versatelo in una terrina capiente, aggiungete la farina setacciate e mescolate per amalgamare; quindi unite lo zucchero di canna, le mandorle tritate, l’olio e le scorzette degli agrumi. Mescolate bene, poi impastate energicamente, senza strapazzare la pasta senza stracciarla o sbatterla spingendo in avanti con il polso e ripiegando la pasta su sè stessa in modo da formare un panetto di forma regolare. Impastate così per circa 10 minuti, poi riponete la pasta in una terrina ben oliata, spennellate con dell’olio anche la superficie, quindi coprite con un panno asciutto e lasciate lievitare per altre 3 ore.
Trascorso questo tempo, riprendete l’impasto, sgonfiatelo e impastatelo ancora per un paio di minuti, poi dividetelo in stampini ci carta per colomba monoporzione, spennellate la superficie con dell’olio e lasciate lievitare per altre 3 ore.
A questo punto, disponete sulla superficie della colomba le mandorle e gli zuccherini che avete tenuto da parte per la decorazione, infornate a 200 g° e lasciate cuocere per circa 40-45 minuti. Poi sfornate, lasciate raffreddare. Servite a temperatura ambiente.
Abbinamento consigliato : Spumante Dolce – (Moscato)
Metodo Charmant intenso e dolce, si abbina facilmente a qualsiasi dessert con crema o senza. La cremosità del vino unita alla morbidezza dell’impasto crea un’accoppiata di grande piacere. La fresca sapidità della bollicina è perfetta per il fine pasto perché lascia al palato una scia di delicata dolcezza.

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PADIGLIONE DEL CILE ALL’EXPO MILANO 2015 EVENTI 1 AL 9 SETTEMBRE – CUCINA – AGRICOLTURA – SPORT E ECONOMIA CILENA

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PADIGLIONE DEL CILE EXPO MILANO 2015 PRESENTIAMO ALCUNI EVENTI DELL’INIZIO MESE DI SETTEMBRE

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Ana María Zúñiga, la cuoca della fantasia e delle emozioni.

Date: 1, 3, 5 e 6 settembre

Orario: ore 18.00

Descrizione: Show cooking

Ogni giorno, inizia a cucinare formulando una preghiera di ringraziamento per il poter essere nella sua cucina a preparare prelibatezze per i clienti del suo ristorante.

La cuoca tradizionale cilena, Ana María Zúñiga, ha iniziato a cucinare quasi per caso, “le avversità della vita hanno rivelato questo mio talento nascosto,” spiega.

Oggi il suo ristorante ANA MARIA è uno dei più rinomati della capitale Santiago.

Ai fornelli, ama usare fantasia e tante erbe aromatiche per profumare i suoi piatti e ha una predilezione per il coniglio marinato, una delle sue specialità.

Per Ana María Zúñiga un buon pasto è “l’essenza della memoria, dei ricordi dell’infanzia”, una condivisione felice di tempo e di conversazioni tra persone care.

Una condivisione che è riuscita a ricreare anche nel suo ristorante, con il suo personale: “il coordinamento e la comunicazione in cucina producono una vera armonia”….che si trasmette anche attraverso i sapori dei piatti offerti.

Emozioni, riconoscenza e vita” questi i tre principali ingredienti di questa famosa cuoca cilena che offrirà le sue migliori specialità ai visitatori del Padiglione del Cile all’Expo di Milano.

 

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SEMINARIO SULL’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

Date: 4 settembre

Orari: dalle ore 11.00 alle ore 13.00

Dove: Padiglione del Cile

Descrizione: Quali iniziative e politiche sta promuovendo il Cile per preservare l’ambiente e sviluppare un settore agricolo sostenibile e pienamente rispettoso della natura? Come fa il settore primario cileno a produrre oggi alimenti sani, tracciabili e di qualità?

Lo spiegheranno esperti e rappresentanti politici del Cile (es.: Claudia Carbonell, Direttrice Nazionale di Odepa – Ufficio Nazionale Studi e politiche agricole del Cile) attraverso presentazioni e filmati.

 

Torneo di Football Tennis organizzato dalla FTA Tour

Date: 7 settembre -13 settembre

Orario: 15.30

Dove: Auditorium del Padiglione del Cile

In occasione della settimana dello sport, dal lunedì 7 alla domenica 13 settembre, il Padiglione cileno ospita un torneo di Football Tennis organizzato dalla FTA Tour, la Federazione Mondiale della disciplina, che unisce in uno stesso gioco le regole del calcio con quelle del tennis.
Intervento del Presidente del Banco Central del Cile, Rodrigo Vergara Montes.

Date: 9 settembre

Orario: 15.30

Dove: Auditorium del Padiglione del Cile

Descrizione: Il Presidente del Banco Central del Cile, Rodrigo Vergara Montes, parlerà su: “L’economia cilena: sviluppi recenti e prospettive.”

PRESENTIAMO UN PIATTO SUPERSOSTANZIOSO “FRITTO MISTO ALLA PIEMONTESE”

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Fritto misto alla piemontese

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Ricetta tradizionale piemontese che abbina carne e cervella a sapori dolci come il semolino e gli amaretti. Il tutto viene fritto dopo essere stato passato nell’uovo e nel pane grattugiato.

Ottimo ma “supersostanzioso”. E’ una ricetta laboriosa, ci vuole un po’ di tempo per farla.

Dalle origini sicuramente antiche e forte di una tradizione perpetrata nei secoli dalla società contadina, la sua invenzione viene messa in relazione con il “rito” della macellazione del maiale, animale un tempo assai diffuso nelle aie e pilastro dell’economia di auto-sostentamento della famiglia contadina.

La creazione di questo piatto era suggerita dall’esigenza di consumare in fretta le parti non idonee alla lunga conservazione ed abbondanti che risultavano dopo la separazione delle parti nobili da insaccare per la lunga conservazione e per la vendita. L’ingegno delle cuoche di famiglia, semplici, ma con gusto per il pratico, ha dato vita ad un grande piatto utilizzando un prodotto di seconda linea. Del resto ancor oggi si dice che “del maiale non si butta via niente”.

Ecco che l’abbondanza di carni, in contrapposizione alla costante scarsità, faceva radunare la famiglia per un evento gastronomico che era una festa. Per farla ancora più ricca, sempre l’ingegno di chi stava ai fornelli prese l’abitudine di friggere fegato, polmone, animelle e tante altre golosità, aggiungendo altri alimenti poveri come ad esempio i semolini o le mele, creando in questo modo il contrasto dolce-salato che tipicizza questo piatto.

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Ingredienti:

  • 4 bistecchine di vitello
  • 1 lacetto – animella di vitello
  • 2 etti di filoni (schienali di vitello)
  • mezza cervella
  • 4 fettine di fegato
  • 6 pezzetti di salsiccia
  • coniglio (bistecche)
  • pollo (bistecche)
  • braccioli di maiale
  • 4 amaretti
  • mele a fette
  • pere a fette
  • banane a fette
  • finocchio
  • zucchine
  • fiori di zucchine
  • 4 uova
  • pane grattugiato
  • olio extravergine di oliva
  • Per il semolino: 2 etti di zucchero, 125 gr di semola, mezzo litro di latte, 1 scorza di limone

Preparazione:

Semolino
Portare ad ebollizione il latte con lo zucchero e la scorza di limone grattugiata e aggiungete a pioggia la semola amalgamandola con la frusta. Cuocete per cinque minuti, rovesciate in uno stampo e lasciate raffreddare per un giorno.

Cervella e schienale
Si tratta di interiora che non tutti gradiscono e che richiedono una lunga preparazione ma sono fondamentali.
Le cervella devono essere lavate sotto l’acqua corrente fredda per qualche minuto per poi eliminare le vene più grosse e la pellicola superficiale (a meno che il macellaio non l’abbia già fatto). L’operazione è semplice se le cervella sono fresche, in caso contrario è meglio procedere dopo averle scottate. Dopo questa prima fase devono essere messe a bagno in acqua fredda acidulata con limone per circa un’ora. Portate poi a bollore dell’acqua salata e acidulata con del succo di limone (il succo di mezzo limone ogni due litri di acqua), immergete le cervella ed il lacetto e sbollentate per un minuto. Trasferitele con una schiumarola su un piatto. Tamponatele con carta assorbente da cucina, tagliatele a pezzi, infarinatele, passatele nell’uovo sbattuto leggermente salato e poi nel pane grattugiato. Lo schienale o filone è il midollo. Anche questo deve essere lasciato a bagno per un’oretta. Eliminate poi la pellicina, mettetelo in un pentolino, copritelo con acqua, salate, portate a bollore. Appena l’acqua inizia a bollire spegnete il fornello e trasferite il midollo in un piatto. Tamponatelo con carta assorbente da cucina, tagliatelo a pezzi, infarinate i pezzi, passateli nell’uovo sbattuto leggermente salato e poi nel pane grattugiato.

Tagliate tutte le altre carni a fettine e il semolino freddo a losanghe.

Infarinate gli amaretti, le mele, le pere e le banane. Sbattete due uova, immergete i semolini gli amaretti, le mele, le pere e le banane infarinati e passate il tutto nel pane grattugiato. Passate le carni nelle altre due uova sbattute e nel pane grattugiato.

Fate friggere tutti gli ingredienti impanati in una padella di ferro, con olio extravergine di oliva bollente: prima il dolce, poi il salato, curandovi di cambiare olio ogni volta.
La frittura deve essere effettuata poco prima di servire. Avete bisogno di tre tegami. Nel più piccolo friggete la salsiccia.

Un altro piccolo vi serve per amaretti e semolino. Cominciate con gli amaretti ma ricordatevi che i tempi sono velocissimi altrimenti rischiate di “”biscottarli”” troppo.

Nel terzo tegame friggete la carne. Cominciate con vitello e fegato e completate con cervella e schienale.
Disponete tutti i pezzi fritti su ampi vassoi coperti da carta assorbente da cucina per eliminare il grasso in eccesso. Salate i pezzi fritti solo ora.

A parte, rosolate il fegato infarinato e la salsiccia.

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Servire caldissimo.

PADIGLIONE DEL CILE ALL’EXPO MILANO 2015 PRESENTAZIONE DELLA LORO CUCINA

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NEL PADIGLIONE DEL CILE ALL’EXPO MILANO 2015 UN APPUNTAMENTO DA NON PERDERE DAL 20 AL 26 LUGLIO

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Orari: alle 15.30 e alle 18.30

Descrizione: Organizzate dal centro universitario cileno INACAP, queste lezioni di cucina e degustazioni, aperte al pubblico, sveleranno i segreti della preparazione e i sapori dei piatti più emblematici del territorio cileno, dal torrone di vino preparato nel Cile settentrionale, alle famose “sopaipillas pasadas” del centro del Paese, passando dalla deliziosa “leche asada” del Cile meridionale, ideale per i dessert, senza dimenticare il coniglio marinato della zona Australe.

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Le classi di cucina sono coordinate dalla famosa chef Paula Larenas. Alla fine delle degustazioni verranno distribuite ai visitatori tutte le ricette eseguite per loro (in spagnolo e inglese).

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La nostra testata ha presenziato all’evento, il nostro servizio fotografico.

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