La forza mentale distingue i campioni dai quasi campioni.

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La forza mentale distingue i campioni dai quasi campioni.

BENEFICI DELL’ATTIVITÀ FISICA

La medicina riconosce senza ombra di dubbio che l’attività fisica svolge un ruolo importante nel garantire una buona salute .

Questo dipende sostanzialmente dal fatto che una vita fisicamente attiva induce modificazioni e adattamenti organici che risultano positivi dal punto di vista della funzionalità d’organi ed apparati.

Un altro aspetto importante è che questi adattamenti sono relativamente stabili nel tempo; pertanto, i benefici di una vita fisicamente attiva si manifestano abbastanza in là negli anni, questo vale per l’efficienza dell’apparato cardiovascolare e muscolare.

Il concetto di “relativamente stabili ” richiede forse qualche precisazione. Paragoniamo diverse funzioni corporee: ad esempio l’apprendimento, legato primariamente alla funzione cerebrale, è funzione relativamente molto stabile, infatti, ciò che viene imparato (studiato e imparato !) rimane nella nostra mente per anni e anni, anche se ovviamente qualcosa si dimentica; inoltre ciò che viene imparato in giovane età rimane ben impresso nella mente. Se ora consideriamo la funzione cardiovascolare e muscolare, allora bisogna dire che, rispetto alla funzione cerebrale, cuore e muscoli dimenticano più facilmente quanto hanno imparato; anche in questo caso però se cuore e muscoli vengono sollecitati da giovani è meglio. E’ ovvio che tutti coloro che non praticano attività fisica si sentiranno il fiato in gola nel salire rapidamente le scale, ma anche coloro che hanno una certa assiduità nella pratica sportiva possono chiaramente riconoscere di essere bene o poco allenati nel salire le scale, infatti basta qualche settimana si inattività per rendersene conto; infine, è a tutti noto il carico spaventoso di allenamento cui si sottopongono gli atleti per migliorare la performance. Cosa ne è di loro quando abbandonano l’attività agonistica ? è molto semplice: diventano come gli altri e questo perché con gli anni muscoli e cuore piano piano dimenticano. Forse il cervello dimentica meno perché è praticamente sempre usato, e, se questa è una spiegazione convincente, allora è ragionevole proporre ad ognuno di praticare con continuità un po’ di attività fisica.

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  • rappresentare uno strumento di informazione e di cultura e rispondere quindi a quesiti antichi, recenti o attuali nel campo della fisiologia sportiva;
  • rappresentare uno stimolo a scegliere e decidere per un’attività fisico-sportiva, adeguata, interessante e gratificante ; infatti attività fisica non vuol dire solo performance, ma è semplicemente (e soprattutto) uno stile di vita.

Il praticare attività fisica può rappresentare una tradizione familiare (caso fortunato), può rispecchiare una indubbia capacità atletica (altro caso fortunato), può essere una pausa di astrazione (caso fortunatissimo !) oppure una necessità medica finalizzata alla riabilitazione (anche questo è un caso con valenza positiva). E gli aspetti negativi? Ci sono, questo è ovvio: ci si può fare male procurandosi distorsioni, fratture, tendiniti.

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Riprendendo il paragone col cervello si può dire: la funzione dell’apprendimento è guidata da un maestro, da un professore e anche l’attività fisica può avere bisogno dello stesso supporto. Inoltre, la medicina riconosce che: i rischi connessi alla pratica sportiva sono ampiamente inferiori rispetto al non praticarla.

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IL VINO GENERA SALUTE CARDIOLOGICA E MENTALE PER TUTTI E ANCHE PER I DIABETICI DI TIPO 2

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IL VINO GENERA SALUTE CARDIOLOGICA E MENTALE PER TUTTI E ANCHE PER I DIABETICI DI TIPO 2

lo hanno illustrato e dimostrato i cinque scienziati relatori DEL WORKSHOP INTERNAZIONALE PRESSO EXPO 2015 organizzato dal COMITATO GRANDI CRU D’ITALIA in collaborazione con il COMITATO MINISTERIALE PER IL PADIGLIONE DEL VINO

Milano 27 ottobre. Coordinati dal Professor Enzo Grossi, Advisor scientifico di Padiglione Italia, il Professor Giovanni de Gaetano dell’Istituto Neurologico Mediterraneo, il Professor Ramon Estruch del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Barcellona, il Dottor Kieran Tuohy dell’Università di Reading e del Gruppo di Nutrizione e Nutrigenomica della Fondazione Edmund Mach e il Professor Fulvio Ursini del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova, hanno illustrato oggi nella sala conferenze del Padiglione del Vino le conclusioni a cui sono arrivati gli studi nazionali e internazionali sul ruolo benefico del vino.

Organizzato e sponsorizzato dal Comitato Grandi Cru d’Italia in collaborazione con il Comitato per il Padiglione del Vino nominato dal Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ogni relatore ha approfondito una branca delle ricerche concluse e in atto sugli effetti del vino, come componente fondamentale della dieta mediterranea.

In estrema sintesi è stato concluso e illustrato che:

1. Sono i polifenoli ma anche la moderata quantità di alcol del vino, in particolare rosso, che agiscono positivamente oltre che per gli aspetti cardiovascolari anche verso le malattie che riducono la funzione cognitiva e quelle neurodegenerative come l’Alzheimer, quantomeno ritardandole e rendendole meno gravi quindi riducendo il rischio di demenza. Dati provenienti da ampi studi osservazionali suggeriscono anche che aumentando l’aderenza a diete di tipo mediterraneo si consente il mantenimento di una migliore funzione cognitiva e un ridotto rischio di demenza. Inoltre veri e propri studi di intervento randomizzati, come ad esempio lo studio PREDIMED (Prevención con Dieta Mediterranea) dimostrano con il più alto livello di evidenza scientifica che un aumento della aderenza alla dieta mediterranea tradizionale è associato ad un miglioramento della funzione mentale (prof. Estruch);

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2. Notevoli benefici dal consumo ai pasti di 1,5 bicchieri di vino sono stati accertati non solo nel campo della prevenzione di malattie cardiovascolari, che insieme ai tumori sono la prima causa di premorienza, ma anche nei pazienti già colpiti da un precedente evento ad alto rischio cardiovascolare. Nei diabetici di tipo 2, come ha dimostrato il recentissimo studio dell’Università Ben-Gurion del Negev in Israele, il vino consumato in moderazione nel contesto di un’alimentazione di tipo mediterraneo si è rivelato efficace nella riduzione del rischio di morte o nell’incidenza di nuovi eventi cardiaci, favorendo anche il colesterolo buono. Nello studio denominato “Moli-sani” a lungo termine (10 anni) in corso presso l’Istituto Neurologico di Pozzilli (Isernia) sulla dieta Mediterranea, di cui il vino è il motore principale, insieme all’olio d’oliva extravergine, il pesce fresco e al diffuso consumo di cibi di origine vegetale, è già stato dimostrato come oltre agli effetti positivi cardiovascolari si riducono anche gli eventi infausti cerebrovascolari (professor de Gaetano);

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3. Gli effetti benefici del vino trovano riscontro in base agli studi sempre più approfonditi su il microbiota intestinale umano, cioè attraverso lo studio dei batteri che risiedono nell’intestino (professor Tuohy). Il microbiota è ormai riconosciuto come un importantissimo regolatore della salute umana e si compone di migliaia di differenti specie microbiche. Questi microbi (per usare un termine comune) sono positivi e negativi. I piccoli microbi derivati dalla catena corta degli acidi grassi e da acidi fenolici (altamente presenti nel vino) hanno effetti positivi ai fini dell’assunzione di energia e sul sistema immunitario, e quindi sullo sviluppo del cervello e delle funzioni cognitive. I due componenti alimentari, quali fibre vegetali e polifenoli, sono i capisaldi della dieta mediterranea. A compiere la metabolizzazione delle fibre, dei vegetali e dei polifenoli sono i microbi buoni che alimentandosi delle componente suddette finiscono per diventare più numerosi dei microbi cattivi, realizzando quindi uno stato di benessere. Questi studi evidenziano il potenziale del vino come modulatore del microbiota intestinale umano e la loro produzione metabolica, con forte potenziale di agire sulla fisiologia di accoglienza sistemica all’interno dell’intestino. Del resto la nuova ricerca medica si orienta sempre di più verso gli studi dei microbi intestinali, come fattore decisivo per il benessere;

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4. Secondo il professor Ursini, che ha affrontato il tema di che cosa fa bene e di che cosa fa male e sul vantaggio dell’ambiguità, come nel caso dell’alcol e del vino, l’assunzione di composti organici e inorganici (definiti nutrienti) per alimentarci genera specifiche reazioni biochimiche. Il nutrirsi però, ci fa assumere anche una vastità di composti chimici che non sono presenti nelle usuali vie metaboliche (xenobiotici) e che non sembrano avere nessuna funzione indispensabile. Gli xenobiotici comprendono farmaci e veleni, ma anche composti con attività salutistiche. Per questi componenti è la dose che definisce effetti positivi e negativi. Ciò che è tossico a una certa dose, diventa benefico a una dose più bassa. Un esempio è quello dell’alcol, che a dosi moderate è positivo contro malattie cardiovascolari, infiammatorie, degenerative e per le malattie mortali. Il vino continua a essere protettivo a dosi più alte rispetto a qualsiasi bevanda alcolica. Svariate sostanze che sono presenti nel vino, ma anche nella frutta e nella verdura, contribuiscono a un rapporto ottimale fra infiammazioni, che sono favorite da sostanze ossidanti, e antinfiammazioni. Soprattutto il vino, ma appunto anche frutta e verdura, forniscono grandi quantità di antiossidanti. Ma non sono questi alimenti che producono direttamente l’effetto benefico. Infatti gli antiossidanti alimentari generano per autoossidazione piccole quantità di ossidanti, che però attivano la risposta antiossidante, che sostiene l’effetto antinfiammatorio. Insomma da una reazione negativa ne nasce una positiva. La difesa è azionata da un piccolo danno, tanto per capire quanto è complessa la natura del corpo umano. Ma appunto l’alcol è il cigno nero, il veleno, mentre il vino, contenendo poco alcol, fa scattare in due fasi le reazioni benefiche, alle quali, al di fuori dell’alcol, si sommano le qualità positive dei polifenoli. La scienza rifiuta anche il proibizionismo perché ostacolerebbe la ottimale capacità del vino (per la parte alcol) di gestire lo stress senza incorrere in pericolosi eccessi di reazione. In pratica, un piccolo, e anche meglio se falso, segnale di danno ci esercita a essere più resistenti.

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A margine del workshop sono state evidenziate alcune ricerche in atto, che potranno presto essere verificate, che attestano che anche solo inspirando gli aromi dei polifenoli, come si fa per sentire i profumi nel bicchiere, si impedisce l’atrofizzazione della parte di cervello che degenera nella grave malattia: infatti i sommelier mostrano, dalla ricerca condotta, che quella parte del loro cervello invece che atrofizzarsi è più sviluppata della media umana.

I risultati del Workshop “Vino e salute: evidenze scientifiche e meccanismi” organizzato dal Comitato Grandi Cru d’Italia in collaborazione con il Comitato per il Padiglione del Vino, il primo mai realizzato in un Expo, sono doppiamente importanti. Infatti da una parte i cinque relatori hanno descritto e arricchito tutte le evidenze secondo cui il vino, parte fondamentale della Dieta Mediterranea, fa bene e aiuta a prevenire malattie gravissime causa di morte o di perdita della conoscenza; dall’altra hanno fornito la descrizione scientifica di quali sono i processi biologici che determinano questo effetto positivo. E lo hanno fatto con capacità pedagogica per il grande pubblico, pur non rinunciando all’assoluto rigore scientifico. Infatti, come impone una manifestazione universale quale l’Expo con un tema fondamentale per l’esistenza e il benessere dei popoli come quello dell’edizione di Milano “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, occorreva che il messaggio fosse chiaro e forte per poter arrivare in ogni angolo del mondo. E se si pensa che il vino, dopo millenni di sviluppo anche culturale nel bacino del mediterraneo e in particolare in Italia (allora Enotria), sta crescendo prepotentemente nei consumi anche nel grande continente asiatico, in Cina e India, ma anche in Africa, il messaggio che parte dall’Expo e da questo Workshop di altissimo livello scientifico diventa uno dei risultati fondamentali che l’Expo stessa lascia come eredità conoscitiva alle nuove generazioni. Il vino non solo fa bene, ma è anche fondamentale per prevenire o rallentare malattie come l’alzheimer per la quale la scienza non ha ancora trovato un medicinale decisivo. Ma come hanno ripetuto tutti e cinque gli scienziati fa bene se bevuto ai pasti in dosi contenute, cioè un bicchiere e mezzo. Meglio se di alta qualità, perché i grandi vini hanno più polifenoli e altre qualità positive rispetto ai vini andanti.