220 anni fa nasceva il Tricolore… bianco come la fede, verde come la speranza, rosso come la passione.

220 anni fa nasceva il Tricolore… bianco come la fede, verde come la speranza, rosso come la passione.

bandiera italiana tricolore

Verde, bianco, rosso. Tre bande verticali di eguale dimensione che vanno a comporre il nostro vessillo nazionale. Esposto nelle celebrazioni ufficiali e osannato nella manifestazioni sportive il tricolore fa parte della nostra cultura da secoli.
L’origine della bandiera italiana, infatti, non va fatta coincidere con l’Unità di Italia, poiché è alla fine del 1700 che bisogna far risalire la sua nascita.
La sua prima comparsa ufficiale va a collocarsi nel 
1796, anno in cui vide la luce la Repubblica Cispadana, comprendente alcuni territori dell’attuale Emilia Romagna. Il verbale della riunione, infatti, recita: fa pure mozione che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti.
Ma perché furono scelti i sopracitati colori? Sull’argomento si è molto discusso e le suggestioni arrivano anche dalla poesia. «
Il verde la speme tant’anni pasciuta, il rosso la gioia d’averla compiuta, il bianco la fede fraterna d’amor» dice Berchet; ma Dall’Ongaro risponde «I tre colori della tua bandiera non son tre regni ma l’Italia intera : il bianco l’Alpi, il rosso i due vulcani, il verde l’erba dei lombardi piani». Carducci, invece, scriveva «le nevi delle alpi, l’aprile delle valli, le fiamme dei vulcani. E subito quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e si augusta: il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de’ poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi
Altri, molto meno poeticamente sostengono invece che i tre colori derivino essenzialmente da una mera copia della bandiera francese, alla quale si è sostituito il verde con il blu.
Molte ipotesi e nulla di certo, se non la derivazione proprio francese della
struttura della bandiera: un modo per auspicare che gli ideali di  libertà, uguaglianza e fratellanza trovassero terreno fertile anche nella nostra penisola.
Tuttavia bisogna aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale affinché il tricolore si affermi per come lo conosciamo oggi. Se, infatti, la restaurazione soffocò e dimenticò il vessillo della nostra penisola, la proclamazione del Regno d’Italia vide una ripresa dello stendardo a cui, però, si andò ad aggiungere lo stemma della corona reale sabauda.
Fu il
27 dicembre del 1947 il giorno in cui il Tricolore venne fissato come bandiera nazionale; in effetti l’articolo 12 della Costituzione della Repubblica Italiana recita “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni“.

Vini rosati che passione

 

VINI ROSATI CHE PASSIONE

Freschi, gastronomici, adatti a tutte le occasioni. Sono solo alcuni degli aggettivi con cui potremmo descrivere i vini rosati, tipologia oggi strettamente legata ai concetti di piacevolezza immediata e convivialità. 

La richiesta da parte di consumatori sempre più qualificati ed informati e l’impegno dei produttori per poter realizzare vini di un certo livello hanno portato negli ultimi anni nel nostro Paese una crescita qualitativa costante. Gli assaggi fatti a Italia in Rosa, manifestazione interamente dedicata ai vini rosè svoltasi a Moniga del Garda (per approfondire leggi qui), hanno confermato questo trend positivo con una serie di prodotti veramente interessanti che esprimono molto bene la grandissima varietà presente nella Penisola. La provincia di Brescia con Valtènesi e Garda bresciano e la Puglia sono state le aree maggiormente rappresentate. C’era anche un gruppo di produttori della Cotes de Provence, denominazione francese conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo per i rosati.

Di seguito i nostri migliori assaggi raggruppati per aree geografiche:

Valtènesi e Garda bresciano
Valtènesi è una denominazione che occupa la  parte meridionale della sponda occidentale del Lago di Garda con l’entroterra corrispondente e si estende sul territorio di sedici comuni tra Desenzano del Garda a sud e Salò a nord. Il Chiaretto viene fatto con uve Groppello che devono essere presenti in una quota minima del 50 % più un saldo di altre uve a bacca rossa di solito costituito da Marzemino, Barbera e Sangiovese. Ottimo risultato in degustazione per il Valtènesi Chiaretto “Il vino di una notte” 2015 dell’azienda Avanzi che è stato anche il vincitore del Trofeo Pompeo Molmenti, premio assegnato ogni anno al miglior Chiaretto dell’ultima vendemmia. Presenta un bel colore rosa corallo, seguito da un naso di ottima intensità e finezza con note floreali e fruttate. In bocca è fresco, intenso e sapido con una progressione ed un equilibrio di notevole livello. Delizioso, si finisce la bottiglia senza accorgersene.

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(Chiaretto Il Vino di una Notte, Avanzi) 

 

 

 

 

 

 

 

Molto buoni anche il Valtenesi Chiaretto Roseri 2015 di Cà Maiol, il Valtènesi Chiaretto Selene Bio 2015 delle Cantine La Pergola, il Valtènesi Chiaretto La moglie ubriaca 2015 di La Basia e il Valtènesi Chiaretto “Il Chiaretto – il vino di una notte” 2015 di Pasini San Giovanni. Vini tipici, con un ricco ventaglio di aromi, dotati di ottima acidità e note saline che li rendono piacevolissimi. Stile un po’ diverso, basato su una grande eleganza, per il Valtènesi Chiaretto Rosamara 2015 di Costaripa, uno dei produttori più rappresentativi di questo territorio. Ha un colore più tenue, profumi delicati di fiori e frutta rossa, grande armonia ed un finale leggermente mandorlato. Tra le etichette con denominazione diversa da Valtènesi abbiamo apprezzato particolarmente il Garda Bresciano Chiaretto Siclì 2015 di Monte Cicogna, floreale ed agrumato, il Garda Classico Chiaretto San Donino 2015 di Podere Selva Capuzza, pulito e fruttato e il Garda Classico Chiaretto 2015 della Cantina Franzosi, caratterizzato da accenni speziati e buona struttura. Per quanto riguarda le bollicine, la nostra preferenza è andata a due etichette, il Garda Brut Rosè 2015 di Avanzi e il Garda Brut Rosè Hirundo Metodo Martinotti di Podere Selva Capuzza. Merita un discorso a parte il Mattia Vezzola Brut Rosè Metodo Classico di Costaripa, da Pinot  Nero e Chardonnay, intenso, complesso, con piccoli frutti e spezie dolci, autentico fuoriclasse di questa zona.

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(Rosato bio Polvanera 2015)

 

 

 

 

 

 

 

Puglia   
E’ la regione italiana dei vini rosati. Ne viene prodotta una grandissima varietà in tutti i territori. Andando da nord a sud troviamo la Capitanata, la Murgia, la Valle d’Itria ed il Salento, aree diverse per geomorfologia, suolo, clima, vitigni coltivati e tanti altri aspetti, nelle quali si fanno vini differenti. Quasi la totalità delle etichette presenti proveniva da aziende che fanno capo all’associazione Puglia in Rosè, realtà impegnata nella valorizzazione dei vini rosati di questa regione con attività promozionali e commerciali. Due i vini provenienti dalla Capitanata che ci sono piaciuti molto: Il Melograno 2015 di Cantina La Marchesa, azienda di Lucera e il San Severo Rosato Rosa di Salsola 2015 della Tenuta Coppadoro di San Severo. Il primo è fatto con Uva di Troia e ha un colore rosa corallo intenso, seguito da un naso di ciliegia, lampone, rosa e tenui note speziate. In bocca è fresco, ricco, con un finale graduale tendente all’agrumato. Il secondo è frutto della vinificazione di uve Montepulciano. Presenta un colore leggermente più scuro, un profilo fruttato ed un palato ben articolato con un finale sapido. Passando alla Murgia troviamo il Castel del Monte rosato 2015 della Cantina Vignuolo di Andria, da uve Bombino Nero, di colore cerasuolo scuro, variegato, incisivo, di ottima struttura e lunghezza. Davvero interessante. Più a sud, nell’agro di Gioia del Colle, viene prodotto il Rosato Bio 2015 dell’azienda Polvanera. E’ un blend di Aleatico, Primitivo e Aglianico. Offre profumi di piccoli frutti rossi uniti a note floreali che precedono un palato ben equilibrato.

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(Cerasa 2015 di Michele Calò e figli)

 

 

 

 

 

 

Tra le etichette salentine diversi i vini che ci sono piaciuti, tutti fatti con Negroamaro: il Cerasa 2015 di Michele Calò & Figli con la fragranza della frutta fresca, il None 2015 di Tenuta Marano, intenso e persistente, lo Scaloti 2015 di Cosimo Taurino, schietto e territoriale, il Salmace 2015 di Calosm, contenente un 15 % di Malvasia Nera, dal colore rosa corallo cristallino con profumi nitidi, puliti ed un palato vivace, il Negroamaro Rosato 2015 di Masseria Altipareti, dinamico e sapido ed il Negroamaro Rosato 2015  di Vigneti Calitro, consistente e caratterizzato da sentori di ciliegia.
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(Vini della Cotes de Provence)

Cotes de Provence
La Provenza è la regione francese più importante per la produzione di rosè e sicuramente i suoi vini sono i più conosciuti al mondo nella tipologia. Riscontriamo un preciso stile che si esprime con il colore rosa pallido tendente all’aranciato, sentori floreali e spesso di macchia mediterranea e palato lineare con un’evidente scia salina. Tutto ciò fa si che questi prodotti presentino grande bevibilità, piacevolezza e versatilità negli abbinamenti. Completo e ben fatto il Cotes de Provence Rosè Whispering Angel 2015 di Caves d’Esclans Sacha Lichine, da Grenache, Cinsault e Vermentino. Molto fine, è un ottimo esempio di rosato provenzale. Si potrebbe bere senza limite, non stanca mai. Il Cotes de Provence Rosè Chateau du Galoupet Cru Classè 2015 di Chateau du Galoupet, da Grenache, Cinsault, Rolle, Syrah, Tibouren e Mourvedre, si ditingue per la grande freschezza, l’eleganza e le note agrumate e di frutti esotici. Ottimo anche il Cotes de Provence Rosè La Bravade 2015 di Chevalier Torpez, da Grenache, Syrah, Tibouren e Cinsault, intensamente mediterraneo. Chiudono l’elenco il Cotes de Provence Rosè Grande Recolte 2015 dell’azienda Les Vignobles de Berne e il Cotes de Provence Rosè Eau de Vin 2015 di Chateau Nestuby.

Alto Adige
Poche le etichette altoatesine presenti. Abbiamo particolarmente apprezzato l’Alto Adige Brut Rosè Metodo Classico Athesis di Kettmeir, da Pinot Nero, equilibrato, con gradevoli note di piccoli frutti e il Sudtirol Lagrein Kretzer 2015 della Cantina – Convento Muri – Gries dal colore cerasuolo molto intenso con sentori di frutta rossa e buona acidità.

Toscana
Molto gradevoli e freschi i due rosati toscani da noi scelti, entrambi fatti con sangiovese in purezza in aree non distantissime dal mare: il Rosato di Toscana Sorbaiano 2015 di Fattoria Sorbaiano, azienda di Montecatini Val di Cecina in provincia di Pisa e il San Michele n.3 di Poggio L’Apparita rosato Maremma Toscana 2015, prodotto da Poggio L’Apparita di Civitella Paganico in provincia di Grosseto.

Abruzzo
La storica azienda Italo Pietrantonj di Vittorito in provincia dell’Aquila propone un rosato di ottima qualità e tipicità, il Cerasuolo d’Abruzzo Superiore Cerano 2015. Il colore è molto carico, quasi da rosso. Ha un profilo olfattivo caratterizzato da note fruttate, specialmente di amarena ed una bocca di buona freschezza, potente, con notevole impatto aromatico e persistenza.

Sicilia
I rosati siciliani degustati provengono da due aree opposte dell’Isola. Il Sicilia Rosato 2015 Aprile di Fondo Antico viene dalla parte nord occidentale, dal territorio di Trapani ed è prodotto con Nero d’Avola. Fresco, di ottima beva, presenta sentori di ciliegia e una buona corrispondenza gusto-olfattiva. L’Osa ! 2015 di Paolo Calì, da Frappato in purezza, è fatto con uve coltivate nella parte sud orientale, nel territorio di Vittoria, in provincia di Ragusa. Offre profumi di fragola, lampone, note floreali e speziate. Al palato è fragrante e dotato di una buona progressione che lo rende molto piacevole.

LO SPORT CON LA “S” MAIUSCOLA PER PASSIONE

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Ci sarà sempre una penna per scrivere il futuro

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Ma nessuna gomma riuscirà a cancellare il passato

“Giampiero Montecucco quest’anno festeggerai i tuoi primi cinquant’anni di vita dedicata allo Sport.

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Quando hai iniziato questo tuo percorso sportivo?”

“Ho iniziato nel 1965 come calciatore muovendo i primi passi nel centro ILVA dove si allenava la US NOVESE VELLUTI DELLE PIANE il cui allenatore era Domenico Cattaneo ex giocatore della Roma. Dopo aver giocato diversi anni nella prima squadra, causa un infortunio fui costretto ad abbandonare la vita agonistica. Appese le scarpette al chiodo continuai a frequentare i campi di calcio indossando la giacchetta nera arbitrale fino al 1974”

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“Ricordi particolari di quegli anni?”

“Tante partite, scontri, incontri, pestoni, falli e sopratutto amicizie, grandi amicizie. Una particolare coltivata fuori dagli stadi di calcio quella con il mio dirimpettaio nonché giocatore di pallacanestro Enrico Bovone.

L’ho incontrai a Siena nel 2000 presso la sua edicola e ci perdemmo in tanti ricordi sportivi e non.

Rimasi allibito e affranto ad apprendere nel maggio del 2001 la notizia della sua morte avvenuta nelle campagne senesi.

Rammento sempre il suo ultimo saluto: “ho terminato la mia carriera di cestista a Siena e pure la mia vita”

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“E come dirigente sportivo come hai iniziato?”

Negli anni ’60 ho coordinato in Provincia una organizzazione del tempo libero legata al PSDI denominata A.N.T.E.L. (Associazione Nazionale Tempo Libero).

“Già quando calcavo i campi con la giacchetta nera ero impegnato come segretario provinciale dell’Ente di promozione sportiva ACSI, prima come delegato Provinciale poi come presidente Provinciale, arrivando poi a ricoprire ruoli sia a livello regionale sia come Vicepresidente, sia come membro della Direzionale Nazionale nel settore ciclismo e per ultimo come Segretario Amministrativo.

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“E in modo particolare sul territorio alessandrino quali sono state le tue azioni laboriose?”

“Nel 1973 ho realizzato una testata giornalistica (e a tutt’oggi ne seguo quattro) insieme ad un gruppo di amici che si occupava sia di sport, sia di politica tra Alessandria ed Asti.

Nel 1974 diedi vita al primo campionato provinciale di calcio a 11 libero, una novità assoluta in provincia. Dal 1976 al 1980 sono stato componente della Consulta Amministrativa Provinciale e nel 1980 come Presidente Nazionale del settore ciclismo ho proceduto alla stesura del regolamento settoriale”.

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“Altre iniziative sportive svolte all’interno dell’Ente?”

“Si è dato vita al trofeo Topolino di ciclismo, a gimkane automobilistiche radiocomandate, a gare di pesca, di bocce, di arti marziali, di tiro con l’arco, di nuoto, di dama, di ginnastica, di tennis, di football americano. Da ultimo per non tener fermi gli atleti nel periodo invernale causa impraticabilità dei terreni di gioco sono stati organizzati dei tornei di calcio a 5 utilizzando le strutture di Stazzano, Pozzolo ed Alessandria, facendo ruotare la bellezza di 210 società sportive con la presenza di oltre 5000 atleti.

Vorrei ricordare inoltre che l’Ente ha gestito per anni due campi di tennis in due diverse città,un Palazzetto dello sport, una palestra comunale, un campo a 7 di calcio in erba naturale su sui si sono svolte gare a livello internazionale con atleti di Argentina, Croazia, Svizzera.

Assieme al responsabile del ciclismo internazionale, F.C.I., Rosati si è creata la consulta nazionale degli Enti presentata al motociclo di Milano.

Non da ultimo vorrei ricordare i tantissimi convegni sportivi organizzati in provincia e realizzati con la presenza di esponenti del CONI Nazionale come Paolo Borghi, Ugo Ristori del servizio nazionale, del Ministro Pier Luigi Romita, del presidente nazionale Renato Pastore, di quello regionale Donatello nonché di assessori allo sport sia della provincia sia della regione Piemonte.”

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“Questo fino all’avvento del terzo millennio poi?”

“Nel 1999 ero intenzionato a non occuparmi più di attività atletiche, ma il mio DNA sportivo ha avuto il sopravvento, così che ancora una volta mi sono imbarcato in una nuova avventura sportiva per lanciare un nuovo ente di Promozione.

Ricevuto il riconoscimento della Regione Piemonte e l’autorizzazione del CONI regionale ho però sbattuto contro un muro di gomma in quanto il CONI Nazionale decise di non concedere più riconoscimenti a nuovi Enti di promozione sportiva.

Così assieme al presidente nazionale Lupatelli del MSPI abbiamo organizzato un campionato di football americano amatoriale primizia assoluto per le società del Nord Italia, ricoprendo la carica di Presidente Nazionale del Football Americano”

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“Mi sembra che tu abbia fatto centro ancora una volta!”

“Se mi è acconsentito vorrei approfittare per ringraziare tutti coloro che hanno supportato con il loro contributo nel conseguimento dei numerosi successi ottenuti nel mondo sportivo. Tra questi desidero ricordare: Borasi, Borsoi, Cattaneo, Carpinello, Fava, Molinari, Barison (instancabile mio braccio destro), Bosich, Mantero, Ravera Roberto, Gastaldi, Di Rodi, Cassano, Vaccari, Di Gennaro,Gusella , Ravera Renzo, Pernecco e poi tutti i presidenti delle 200 società e gli atleti che hanno partecipato alle diverse manifestazioni, giudici, arbitri e istruttori.

E veramente un piacere constatare che conoscenze anche occasionali rimangono vive e vere quando lo spirito è quello giusto. Perché se come dicevano gli antichi romani “Faber est suae quisque fortuna e (ciascuno è artefice del proprio destino), questo mezzo secolo di vita mia dedicata allo sport è stato possibile grazie a loro.”

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Il segreto? “Non fermarsi mai e aver cambiato spesso.

“Il potere non logora e chi dice di non volerlo è perché non è riuscito ad ottenerlo. Perché dobbiamo essere falsi? Io dico sempre che non siamo tutti uguali, nel senso che se sulla carta anche tutti gli sport lo sono.

“Molto, chi non vorrebbe far parte del mondo più affascinante e popolare? Ci sono settori più importanti, quelli che salvano le vite umane, ma nessuno così appassionante come lo sport.

Io guardo solo al futuro, il passato non serve più a niente”. (visto che sulla mia strada ho trovato personaggi indegni che hanno fatto di tutto per rovinarla)

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Altre immagini sul sito: https://www.facebook.com/pages/Centri-Sportivi-Aziendali-e-Industriali-CSAIN/1659236680969381?sk=timeline

Lasciateci ricordare un grande amico dello sport –

PIER LUIGI ROMITA Romita 2
Nato a Torino il 27 luglio 1924, insieme alla sorella Gemma e alla madre Maria , segue, il padre Giuseppe, deputato socialista e strenuo oppositore di Mussolini nelle sue traversie di confinato politico prima ad Ustica, poi a Ponza ed infine a Veroli, in provincia di Frosinone. La famiglia Romita si trasferisce nel 1933. Nel 1942 Pier Luigi Romita aderisce al rifondato Psi clandestino, di cui era stato nominato segretario il padre Giuseppe e partecipa alla Resistenza aggregandosi alle bande partigiane che operavano sulle colline attorno ad Albano Laziale. Dopo la Liberazione, prosegue gli studi laureandosi, nel 1947, in Ingegneria e diventando successivamente professore di Idraulica alla facoltà di Agraria dell’Università di Milano. Nel marzo del 1958, in seguito all’improvvisa scomparsa del padre, è candidato alla Camera dei Deputati, nella lista del Psdi, nel collegio Cuneo-Alessandria-Asti. E’ eletto in Parlamento e sarà sempre riconfermato, in questo collegio, in tutte le successive otto legislature fino al 1992.

Sottosegretario ai Lavori Pubblici, all’Interno e all’Istruzione nella seconda metà degli anni sessanta, è nominato per la prima volta ministro della Ricerca Scientifica nel secondo governo Andreotti (giugno 1972 – luglio 1973). Vice Presidente della Camera dopo le elezioni del 1979, ritorna alla Ricerca Scientifica nel governo Forlani (ottobre 1980 – giugno 1981) e nel quinto governo Fanfani (dicembre 1982 – agosto 1983). Nei due governi Craxi (agosto 1983 – aprile 1987) è Ministro per gli Affari Regionali fino al 31 luglio 1984 e successivamente è chiamato al dicastero del Bilancio. Ritorna, infine, nel sesto e nel settimo governo Andreotti ( luglio 1989-giugno 1992) come Ministro per le Politiche Comunitarie.

L’intesa attività parlamentare – ebbe sempre una straordinaria attenzione verso il suo collegio elettorale – e ministeriale non gli impedisce, però, di condurre una tenace battaglia politica interna al Psdi come esponente di punta della sinistra socialdemocratica.
Dopo il Congresso di Firenze (marzo 1976) e la sconfitta alle elezioni politiche anticipate, Romita è eletto il 1°ottobre dello stesso anno segretario nazionale del Psdi, succedendo a Giuseppe Saragat.
Durante la stagione dei governi di “solidarietà nazionale” Romita riapre il dialogo con il Psi, dove è diventato segretario l’autonomista Bettino Craxi. Messo in minoranza nel Comitato Centrale del Psdi del 20 ottobre 1978 lascia la guida del partito a Pietro Longo, proseguendo a guidare la corrente di sinistra.
Nel febbraio 1989, Romita insieme a un gruppo di parlamentari e dirigenti locali, lascia il Psdi e fonda il movimento di Unità e Democrazia Socialista (Uds) che pochi mesi dopo si unifica con il Psi.
Dopo la scomparsa del Partito socialista in seguito alle vicende di Tangentopoli, aderisce nel 1994 ai Socialisti Italiani e nel 1997 partecipa agli Stati Generali della Sinistra Italiana di Firenze ed entra nei Democratici di Sinistra dove ricopre incarichi nella Direzione Regionale del Piemonte.
Legatissimo alle sue origini piemontesi Romita è stato, a più riprese, consigliere comunale a Tortona, Alessandria e Torino. Romita scompare a Milano il 23 marzo del 2003.

Foto del 2002 Grande Ciclismo a Novi Ligure Gruppo di politici Palco Romita 1 Romita con il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat Romita mentre Consegna Targa Presidente della Repubblica